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Testimonianza di Marilena Adamo

Ricordare fiorella, e mi è capitato tante volte in questi ormai otto anni dalla sua scomparsa, è sempre doloroso. Perché è prima di tutto sempre rivivere il dolore della mancanza, ricordare una lunga bella amicizia, i tanti momenti passati insieme, la confidenza, la complicità. tante chiacchierate per telefono o, quando riuscivamo a concedercele di persona, qualche cena, con sergio ai fornelli, le vacanze con i figli e le preoccupazioni per i medesimi, persino qualche giro per negozi. questo nei ritagli di un tempo stretto tutto dedicato alla politica e agli impegni istituzionali, gravosi per entrambe. Conoscevo Fiorella da sempre, scuola e donne, interessi comuni, ma l’incontro più personale e la prima occasione di una collaborazione particolare fu nella primavera del 1989, in occasione della prima conferenza dei servizi per l’infanzia del Comune di Milano che avevo indetto come Assessore all’Educazione. Era stata lei, allora nella segreteria provinciale della Cisl, ad essere indicata dalle tre confederazioni per intervenire a nome del sindacato nelle giornata di apertura. Giornata difficile per le contestazione proprio della categoria Cisl-Enti locali che non condivideva la linea proposta di un percorso unitario 0-6 anni, in difesa, un po’ corporativa, degli interessi delle educatrici delle scuole materne. Mi dilungo sul quel momento perché me ne rivelò la personalità. Fiorella capì il problema, assunse la posizione della confederazione a favore di una visione unitaria dei servizi offerti ai cittadini e alla necessità di rispondere ai bisogni delle famiglie, e difese quella posizione fino in fondo con sicurezza, calma, autorevolezza. Per questo fu naturale riprendere il lavoro insieme quando ci ritrovammo nella primavera del ‘90 in regione, nel gruppo PCi-Pds, uniche donne di un gruppo molto numeroso, lei alla sua prima esperienza istituzionale e politica, anche se da indipendente. Furono, quei cinque anni, molto difficili e sofferti, ma anche, per alcuni aspetti, entusiasmanti.

Da un osservatorio privilegiato assistemmo alla crisi finale della prima repubblica con tangentopoli. io divenni capogruppo, grazie anche a Fiorella, e insieme a molti altri colleghi iniziammo a costruire una proposta politica e programmatica che facesse uscire la Regione Lombardia dal degrado e dalla totale perdita di credibilità istituzionale, un’alternativa diversa da quella proposta dal crescente nuovo movimento della Lega Nord.

Molte sono le diversità e analogie con la crisi della politica di questi anni. Certo le differenze ci sono, ma anche allora il problema era la perdita di credibilità della politica e il cattivo funzionamento delle istituzioni, i tempi e le procedure della burocrazia, i costi della politica come si chiamano oggi. A tutto ciò tentammo di rispondere e questo fu il senso della Giunta rosa-verde, come venne chiamata, presieduta da Fiorella. Esperienza all’inizio non capita e anche ostacolata da Roma, compresi i vertici del nostro Partito. qualcuno allora mi criticò perché indicammo lei come Presidente, una indipendente poco esperta, si diceva. in una intervista che le procurò, e mi procurò, non poche polemiche lei dichiarò “forse hanno preferito me perché non sono mai stata comunista”. Era la verità, ma solo in parte. servivano le sue qualità di persona e quella grande capacità di tenere insieme mondi e culture diverse che aveva maturato precedentemente. Fu la prima e unica donna presidente della Lombardia, il primo e unico presidente di sinistra.

La giunta Ghilardotti anticiperà in qualche modo quella che sarà la riorganizzazione politica nella proposta dell’Ulivo nel 1996, e solo il travaglio della fine della dC e la nascita del PPi possono far comprendere prima il sostegno esterno alla sua giunta, poi la sua caduta nel 94, con la cosiddetta discesa in campo di Berlusconi. Le novità introdotte in quei nemmeno due anni furono molto importanti e significative, soprattutto in considerazione delle macerie lasciate da tangentopoli: arresti e inquisiti, crisi di tutte le società, paralisi delle opere pubbliche. in quel periodo si sistemarono questioni enormi come Fiera, discariche, società, con nuovi innovativi criteri di nomine, si riorganizzò profondamente la macchina burocratico-organizzativa, si istituirono i primi organismi per le pari opportunità. insieme agli altri presidenti del centro-nord (quello emiliano si chiamava Pierluigi Bersani) si produssero proposte di legge votate da cinque regioni, compresa quella sul federalismo fiscale (consulente per la Giunta Piero Giarda) e per il senato federale (consulente per la Giunta Valerio Onida). La giunta Arrigoni, che succedette, paradossalmente rappresentò una novità (leghista presidente!) e una restaurazione. Ciononostante, perfino Roberto Formigoni ebbe a dire, citando la presidente Ghilardotti, che le riforme fatte in quei due anni contribuirono a restituire alla Lombardia il primato di regione innovativa e trainante che aveva perduto.

Quando Fiorella fu eletta in Parlamento europeo nel ‘94, dove rimarrà fino al 2004, iniziò la nuova esperienza con lo stesso entusiasmo, contribuendo non poco a sprovincializzare il nostro dibattito politico locale, a favore di una dimensione europea. tenace e lavoratrice come sempre, divenne presidente di commissione, tesoriere del gruppo e negli ultimi anni presidente delle donne del socialismo democratico europeo. Posizione conquistata grazie alla mai smarrita attenzione a tutti i problemi delle donne dai più concreti a quelli più generali della rappresentanza e dell’empowerment. Contribuì a livello europeo e nazionale all’introduzione del “gender budgeting” supportando tante esperienze locali.
Negli ultimi anni, con la sua capacità di tenere insieme l’attenzione alle piccole cose con le grandi idealità, si occupò attivamente dei diritti delle donne in Afganistan e in altri paesi dove più forte era ed è la loro sofferenza. tutto ciò senza mai trascurare il territorio, come si direbbe oggi. iscritta ai ds era entrata negli organismi dirigenti, compresi quelli nazionali, e ne sentiva tutta la responsabilità, per cui passava i suoi weekend a girare per la Lombardia per incontrare sia rappresentanti della società civile – la sua attenzione al mondo del lavoro restò una costante dei suoi interessi – sia le organizzazioni locali del partito.
Fiorella era sempre disponibile, troppo, le dicevo, ma era fatta così e non avrebbe saputo fare diversamente. Le sue qualità umane e il suo atteggiamento positivo verso la vita emersero infine ancora una volta durante i lunghi mesi della sua malattia. Ne parlava pochissimo, ha lavorato fino all’ultimo, ha continuato a essere curiosa dei fatti e delle persone, che venivano per lei prima di tutto, un sostegno sicuro per chi ne avesse bisogno. Ho parlato con lei il giorno prima della sua morte, era molto preoccupata per me perché era scomparsa la mia mamma.

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