In questi tempi di grandi rivolgimenti, ho pensato spesso a cosa avrebbe detto o fatto Fiorella su alcune vicende odierne.
Così ho provato a immaginare qualche dialogo, sulla base dei ricordi del suo pensiero di allora, quando lavoravamo insieme alla Cisl di Milano nella seconda metà degli anni ’80, e, nelle fasi successive, durante la sua attività politica.
sono certa che avremmo parlato di questioni “spesse” in modo non solo “serioso”, perché il rapporto tra noi sindacaliste era fatto anche di ironie e complicità. Avremmo certo intercalato temi di attualità sindacale e politica con la nostra quotidianità.
Fiorella, nel sindacato, appariva la più pacata tra noi. sposata, con i due figli Paolo e Alessandro, nati mentre lavoravamo insieme in Cisl, sembrava la quintessenza della solidità, e non solo a me, che avevo qualche anno di meno e qualche inquietudine in più. A Fiorella, però, non mancava certo l’arguzia: sotto l’“acqua cheta” della sua solidità, covava un’ironia e, soprattutto, la capacità di fiutare gli avvenimenti delle vite di chi la circondava.
Azzardo dunque a ritroso alcuni dei temi che hanno caratterizzato il suo impegno sindacale prima e politico poi: l’Europa, le donne, e il lavoro come tema che li attraversa entrambi.
spero, “attualizzandola”, di averla ben interpretata e, soprattutto, averle reso merito.

L’Europa…
Oggi con Fiorella avremmo discusso dei dati sulla disoccupazione in Europa in costante aumento, di quelli sulla povertà e di un modello sociale europeo che si vorrebbe dare per spacciato. Anche perché, in una crisi economica grave che dura da anni e provoca recessione, disoccupazione e povertà crescenti, è mai possibile che la solidarietà nell’UE si traduca in un “Bilancio 2014-2020” di appena l’1% del PiL europeo?
si sarebbe parlato della necessità di dare più potere negoziale alla CEs, la Confederazione Europea dei sindacati, perché azioni solo nazionali non vanno da nessuna parte. Già, il sindacato europeo… con cui Fiorella è stata in costante contatto durante i suoi due mandati di europarlamentare. quando, con il trattato di Mastricht prima, e soprattutto Amsterdam poi, venne codificato il dialogo sociale tra CEs, l’allora Unice (la Confindustria europea, oggi Business Europe) e CEEP (imprenditori pubblici), il Parlamento Europeo non ne fu propriamente entusiasta. il fatto che le parti sociali potessero trattare sospendendo l’iniziativa legislativa della Commissione UE e che l’eventuale accordo raggiunto diventasse “tel quel” norma legislativa comunitaria, veniva vissuto come un’espropriazione di quel potere – già ridotto – che il parlamento aveva. Per Fiorella, che proveniva dal sindacato, questo problema era secondario, consapevole che, ad ogni livello, il sindacato è tale se contratta, e che, in ogni caso, una dose di “sussidiarietà orizzontale” su scala comunitaria non era poi cattiva cosa.
Ma oggi con Fiorella ci saremmo anche poste alcune domande più generali, dando qualche valutazione, non certo lusinghiera, sull’attuale Unione Europea e la sua classe dirigente.

Come mai una mezza isola del Mediterraneo, la Cipro europea, con poco più di ottocentomila abitanti può minacciare la sopravvivenza dell’UE con il suo mezzo miliardo di cittadini?
E’ mai possibile che, dopo anni di tergiversazioni, un paese come la Grecia, che rappresenta appena il 2% del PiL europeo, sia ridotto sul lastrico perché l’Europa – e chi pretende di comandarla a bacchetta – ha rifiutato un salvataggio, all’inizio dai costi molto contenuti?

Perché dopo tutti i disastri finanziari e bancari succedutisi in Europa e pronti a ripetersi, la Germania continua a rallentare il processo di Unione bancaria e impedisce alla Banca centrale europea di esercitare una effettiva sorveglianza sulle banche?

E’ mai possibile che in Ungheria una Costituzione democratica, indispensabile per entrare nell’UE, venga manomessa nemmeno dieci anni dopo l’adesione ungherese, mettendo il bavaglio alla magistratura e alla libera stampa?
A cosa potrebbe ancora servire un’Europa che continua a trascurare il Mediterraneo, lasciando che siano i russi a dirci che cosa fare a Cipro e i neo-nazisti di Alba dorata in Grecia a spiegarci come uscire dalla crisi?

A che serve avere a Bruxelles un “alto rappresentante per la politica estera”, tale Catherine Ashton, una donna – ci saremmo dette con Fiorella, però… – che sta a guardare l’aggravarsi di controversie internazionali e si limita, nei momenti di maggior “coraggio”, a dichiarazioni di rammarico, lasciando che sia Obama a dirci cosa fare con israele e la turchia?
quelli evocati sopra sono solo alcuni dei quesiti diversi per natura e gravità, che anche un’europeista convinta come Fiorella si sarebbe posta, pur senza dare sponda a politici locali abituati ad addossare all’Europa le proprie incapacità.
quesiti che convergono a segnalare che questa Unione Europea, se non cambia rapidamente, rischia di correre contro un muro e perdere la fiducia, già fragile, dei suoi cittadini, che in occasione di elezioni recenti, e non solo in italia, testimoniano il loro crescente malessere e la delusione nei confronti di un progetto europeo in cui avevano riposto molte speranze e che adesso li sta pericolosamente deludendo. Non ancora al punto di abbandonarlo o di “uscire dall’euro”, come qualcuno anche da noi va farneticando, ma certamente manifestando insoddisfazione per il governo della moneta unica e le ricadute sulla vita quotidiana degli europei.
diciamocelo, avrebbe tristemente commentato Fiorella, ridotta così l’UE rischia di servire a poco. Ma così non è sempre stato e così può non essere se l’UE riscopre la sua vocazione originaria, quella che l’ha ispirata nell’ultimo dopoguerra, e se si riprogetta nel mondo nuovo, nel quale siamo entrati da tempo, senza che la sua miope classe dirigente sembri essersene accorta.
Che fare, ci saremmo chieste? Continuiamo a “pensare globalmente e agire localmente”, si sarebbe concluso.

Le donne…
Fatti, argomenti e pensieri sparsi… che si accavallano e si sovrappongono nei temi e nel tempo.
quando eravamo insieme in Cisl, Fiorella in segreteria, io al Coordinamento donne, non si parlava ancora di “femminicidio”. E neppure di stalking. Oltre 120 donne uccise nello scorso anno sono un dato mostruoso, non si può rimanere indifferenti!

Molto più di quanto succede oggi dentro e fuori il sindacato – forse troppo poco, per la gravità del fenomeno – ci saremmo sentite con le donne di Cgil e Uil, e con quelle dei partiti. Era buona abitudine, allora, almeno a Milano, promuovere periodicamente attività tra donne sindacaliste e donne in politica, che trovavano il loro punto di incontro nel “coordinamento donne 8 marzo”. Ognuna con la propria autonomia e ruolo, ma con la consapevolezza che la forza delle donne dentro le organizzazioni trae alimento dalla relazione con donne di altri luoghi. Avremmo caldeggiato subito una qualche iniziativa, una manifestazione… magari non di sole donne.

Ai tempi si lavorava nel sindacato sulla violenza sessuale, per ottenere una legge che sarebbe arrivata solo dopo, nel 1997. “Pensa un po’, siamo ancora al codice Rocco”, commentava ogni tanto Fiorella.
si lavorava anche, visto che eravamo sindacaliste e il fenomeno era tristemente già molto esteso, sulla lotta alle molestie sessuali nel lavoro.

La prima raccomandazione della Commissione Europea era arrivata nel ‘92, affiancata dal codice di buona condotta; Fiorella era già uscita dal sindacato ed entrata in politica. sarà qualche anno dopo, durante i suoi mandati di europarlamentare, e grazie anche al suo contributo, che l’Unione Europea si sarebbe dotata di alcuni strumenti. Come non ricordare la sua relazione alla Commissione per i diritti e le pari opportunità del Parlamento Europeo sul gender budgeting, cioè la costruzione dei bilanci pubblici secondo la prospettiva di genere?

Ma soprattutto, le attività vertevano sul lavoro e le pari opportunità. i corsi 150 ore alle delegate aziendali, quelle per dirigenti sindacali donne, le prime esperienze di azioni positive nelle aziende. Per promuovere la legge, poi approvata nel 1991, raccogliemmo nel 1988 65.000 firme a Milano, consegnate alla Camera dei deputati dai coordinamenti donne Cgil Cisl Uil. Anno nel quale si tenne a Roma la grande manifestazione “un lavoro per tutte, un lavoro diverso, una società senza violenza”.

Titolo che stava a significare tante cose.

  • il lavoro extradomestico delle donne era fondamentale: non si era più “l’esercito di riserva”, ma una nuova forza – inarrestabile? – che cresceva man mano nelle fabbriche e negli uffici;
  • le donne volevano lavorare, ma al lavoro non erano disponibili a sacrificare la vita famigliare ed affettiva;
    la doppia presenza era una fattore che portava nel lavoro contraddizioni e conflitti, ma anche potenzialità;
  • la differenza delle donne nel lavoro non poteva però trasformarsi in discriminazione (le lavoratrici erano collocate normalmente nei livelli più bassi), ma andava invece valorizzata come una risorsa, anche per le imprese.

 

Erano anni di grande fermento, di analisi delle organizzazioni aziendali viste in un’ottica di genere, anni in cui in tutti i contratti nazionali furono inserite le clausole sulle pari opportunità e la costituzione di commissioni paritetiche per la promozione di azioni positive.

A parte le forti esperienze di allora nei metalmeccanici e nei tessili, sopravvissute oggi in qualche settore dei bancari e della funzione pubblica – come sempre legato alla presenza di qualche ostinata sindacalista – cosa sia rimasto di tutto questo oggi, se l’azione abbia lasciato tracce visibili, non è oggetto di questo ricordo di Fiorella.

Oggi avremmo lavorato sulla crisi, per evitare ripercussioni gravi su un’occupazione femminile già debole, in italia, rispetto alle media europea. Cercato nuove strade sul tema della conciliazione lavoro e famiglia, della contrattazione del welfare integrativo aziendale, in una fase di riduzione delle risorse pubbliche, welfare che non può ricadere solo sulle spalle – ci saremmo dette – delle lavoratrici immigrate e delle famiglie, dunque delle donne.
infine, penso ai commenti che avremmo fatto su temi tanto trattati sulla stampa italiana ed estera, a torto o a ragione. L’orologio della vita terrena ha risparmiato a Fiorella almeno alcuni fatti, che hanno caratterizzato, nel recente passato, il rapporto con le donne di uomini “potenti” delle istituzioni, che mi auguro ormai buttati alle nostre spalle. so che avrebbe provato l’indignazione che molte di noi hanno sentito di fronte ad alcuni accadimenti, che relegano il femminile alla sola giovinezza e disponibilità dei corpi.
sono certa che, sorridendo, ci saremmo chieste, di fronte a sfolgoranti carriere femminili in politica, alla Ruby di turno che “legge” memorie sulle scale del Palazzo di Giustizia di Milano o alla vita stile “olgettine”, a cosa fossero serviti tanti anni di lavoro dei coordinamenti donne e, magari, dove avevamo sbagliato. Per noi, “come sposare un milionario” non poteva che essere solo un simpatico film con Marylin Monroe, più che una strategia di qualche giovane donna e, orrore (!), anche di qualche genitore intervistato…

Sulle cose vere nelle quali abbiamo creduto e per le quali abbiamo lavorato, avremmo mantenuto un sentire comune, anche di fronte alle difficoltà.

Se oggi fosse qui, sicuramente ogni tanto si ripercorrerebbero le cose fatte, i successi, le sconfitte. Ma non con stile da “combattenti e reduci” (“sempre più reduci, sempre meno combattenti”, come si dice sorridendo quando incontriamo vecchi amici alle manifestazioni). Penso che Fiorella ci avrebbe aiutate a non guardare indietro con nostalgia. “Ad ogni fase – avremmo convenuto – occorre reinventarsi, e reinventare delle strategie. Unico modo per non annoiarsi, e crescere imparando sempre”.

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