Molti, ricordando Paola, scriveranno del suo impegno appassionato,della dedizione agli altri e dell’inesauribile generosità.

Io credo che  Paola non dicesse mai no a nessuno, non si tirasse mai indietro e questo fosse anche il motivo della sua inesausta attività.

Ma non è solo questo: quando  penso a Paola, non la vedo mai sola o isolata, ma inserita sempre nel turbine della vita comune, fossero gli amori o le passioni personali, o la vita della sua città, del paese o del mondo: eventi, lotte, errori, cambiamenti, rivoluzioni, speranze ostinate, sogni non abbandonati, idee pensate e ripensate.

C’è stata tanta vita nella vita di Paola e questo forse non le ha permesso soste o riposo, ma certo non le ha tolto energie o carattere.

Paola ci ha lasciato a ottant’anni, ma non aveva nulla della vecchia insegnante in pensione un po’ svanita; affrontava infatti la realtà, con puntiglio, fierezza e determinazione e difendeva le sue posizioni come una battagliera giovane donna a volte spiazzando me e la Feliciani (amica di vecchia data di entrambe, e spesso sua ospite felice) lasciandoci senza parole.

Questo è stato anche il suo atteggiamento verso la  lunga malattia, mai una lamentela, un cedimento o una rassegnata accettazione. Gli ultimi anni sono stati molto duri.

Oltre all’amore per i nipoti e i nipotini, c’è stato qualcosa che le dava momenti di calma e serenità e che ci ha  accomunato per tanti anni: la passione per i fiori e per la natura.

Ricordo la gioia con cui mi faceva vedere il suo umbratile giardino: i rododendri, che talvolta la tradivano nella fioritura, le ortensie sempre generose e i bulbi e i fiori di vetro che formavano colorate aiole all’ombra della vite del Canadà.

Ricordo la descrizione del colore degli alberi in autunno nel Vermont, dove aveva passato alcuni mesi di studio.

Ricordo poi con quale gioia mi mostrava un album di fotografie raccolte da sua sorella Marinella con tutte le foto dei fiori e delle piante coltivate dalla mamma e dalla nonna a Ganna. C’era la zona dei fiori da taglio, gladioli, tulipani, dalie, zinnie, cosmee e le varie zone delle piante e degli alberi da fiore e da frutto nel giardino della casa di famiglia.

Avevo preso l’abitudine di mandarle dei piccoli bouquet confezionati da un vecchio fiorista, da tenere sul tavolino davanti al divano su cui purtroppo doveva passare molte ore.

Ricordo come ridemmo di una audacia del vecchio fiorista che aveva messo in un bouquet dei bruttissimi fiori esotici che sembravano delle creste di gallo: consultato un libro di botanica avevamo scoperto che si chiamavano veramente “Creste di Gallo” e avevano anche degli estimatori!

L’ultima foto che mi ha mandato è stata quella di un elleboro in fiore, regalo di Alessandra, che era rifiorito dopo due anni e che le teneva compagnia sul davanzale della sua cucina.

Però i fiori che ricordo con più commozione sono altri. Erano molti anni fa, Paola si era ammalata per la prima volta e stava a casa della sua mamma; la chemioterapia la costringeva a stare molte ore al buio in una stanza. Io la andavo a trovare.

Durante un week-end, prima di una mia visita, mi sono recata in Liguria e ho fatto una gita su un monte, il monte Zatta, alle spalle di Chiavari, era Giugno, immediatamente prima della fienagione e i campi erano pieni di fiori colorati di ogni tipo,

Una distesa di fiori!

Ne ho raccolto per lei un bellissimo mazzo e l’ho protetto  alla buona con carta di giornale e scottex bagnato.

Tornata a Milano, la domenica sera, ho preso il tram n° 5 , proprio quello che sferragliando passava davanti alle finestre di Paola e che faceva capolinea dietro casa mia.

Avevo uno zainetto sulle spalle e sul panchetto di legno del tram avevo messo da una parte il mazzo di fiori e dall’altra la mia borsa. Poco prima del capolinea ho tirato fuori le chiavi di casa e le ho messe in tasca, poi sono scesa, lasciando la borsetta (non più ritrovata) sulla panca e prendendo il mazzo di fiori. I fiori di Paola.

Dodi Crateri