In ricordo di Paola Tomai

Per ricordare Paola Tomai che da poco ci ha lasciato, non è possibile cominciare da un mero dato biografico perché la sua vita non è riducibile a un curriculum vitae, tanti sono gli strati che si intersecano nella sua esperienza. La linearità non appartiene del resto quasi mai alle vite delle donne della mia generazione. Prendo a prestito da Sepulveda dei versi dedicati a Paola da Nadia Sanità:

Le donne della mia generazione
aprirono i loro petali ribelli
non di rose, camelie, orchidee o altre piante
di salottini tristi, di casette borghesi;
di usanze stantie,
ma di erbe pellegrine al vento.

Versi che rappresentano lei come tante di noi, passate attraverso esperienze politiche intense, sfide professionali, rivoluzione femminista, impegno sociale, in rottura con le “usanze stantie”. Con ciò non intendo dire che questa, come la vita di altre, manchi di un filo conduttore per legare le “erbe pellegrine al vento”. La bussola della vita di Paola è stata la presenza attiva dove avvenivano le cose che contano, in funzione della società e dei singoli, parimenti bisognosi di sostegno e slancio. E questo fin dall’epoca dell’università che la vide impegnata in veste di presidente nella FUCI milanese (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), in un periodo di attriti e tensioni all’interno del movimento cattolico universitario. Erano gli anni ’60 e forse anche in quelle discussioni si esprimeva il fervore che sarebbe sfociato, spesso con gli stessi protagonisti, nel ’68.  Tra i tanti amici di Paola di quell’esperienza, molti furono destinati a ruoli importanti negli anni a seguire. Anni che, appunto, videro nascere la partecipazione politica sul terreno, nel sindacato, negli ambiti di lavoro e di studio. Per molti, e certamente per Paola, non si trattava di parole facili da spargere nelle assemblee, ma di azioni concrete. Basti come esempio il suo comportamento dopo il colpo militare in Cile del 1973 (ancora un nesso con Sepulveda). In quel grave momento Paola ospitò per lungo tempo in casa propria profughi cileni, a riprova di uno dei suoi tratti distintivi, la generosità, la disponibilità ad esserci per gli altri a costo del sacrificio dei suoi spazi personali di vita che, comunque, riusciva a preservare con manovre acrobatiche, per viaggiare, seguire la musica, l’arte, la cultura, la frequentazione assidua di amici altrettanto interessati e inseriti nel mondo culturale. Credo che meriti di essere disseppellito un aneddoto che riguarda la sua permanenza nel Vermont, durante la frequenza della School for International Training a Brattleboro. Gli studenti (insegnanti di ogni parte del mondo) avevano preso l’abitudine di recarsi da Paola per ogni crisi psicologica ed esistenziale che incontravano. Lei diceva che avrebbe dovuto mettere sulla porta la targa “Consulente psicologica”. Non stento a crederle.

Con questo si apre il capitolo professione e formazione. Paola è stata un’insegnante che ha preso la didattica (democratica) molto sul serio e che ha studiato, frequentato corsi di aggiornamento prima di lanciarsi lei stessa in questa attività, come formatrice nel PSLS (Progetto Speciale Lingue Straniere), nel progetto Poseidon, per il Ministero o la Sovrintendenza della Lombardia. Inframmezzata a questi impegni si situa la sua esperienza presso la School for International Training di Brattleboro dove soggiornò due anni nel decennio ‘80, conseguendo un master in Teaching English as a Second Language, corredato di un’esperienza sul campo in Messico. In quella scuola aveva incontrato alcuni dei teorici della didattica delle lingue più importanti del tempo: Diane Larsen-Freeman, Claire Kramsch, Joan Rubin, Caleb Gattegno. Al suo rientro tornò in classe, nella stessa posizione di prima, come si usa in questo Paese, senza mai abbandonare i suoi studenti dell’istituto tecnico commerciale per corrispondenti in lingue estere, poi ERICA, mai tentata di passare al liceo. Così spiegava la sua scelta:” Perché mai questi studenti dovrebbero avere meno qualità rispetto a quelli dei licei che godono di tutti gli altri privilegi?”. Con loro si è impegnata in progetti, scambi, sperimentazioni, interpretando il suo compito formativo nel senso più ampio dell’apertura di orizzonti. Certamente queste scelte ideali erano nutrite dallo spirito del tempo ma, mentre crescevano le delusioni e i cedimenti, Paola Tomai mise tutto il suo fervore e la sua integrità a mantenere la retta via. La si trovava quindi impegnata in primo piano in Lend, a cui fu iscritta quasi dall’inizio, ad organizzare le attività del gruppo di Milano, i corsi di aggiornamento, i gruppi di riflessione, i convegni, senza disdegnare i lavori organizzativi, per quanto poco gratificanti. Forse, sacrificandosi nell’azione senza la quale l’Associazione non avrebbe avuto gambe per avanzare nel tempo, ha trascurato l’attività di scrittura che fissa la notorietà di una persona. Aveva poco tempo da dedicarvici e la notorietà per lei non contava granché. Negli ultimi anni i suoi interessi di studio vertevano soprattutto sui temi della valutazione, dell’autovalutazione, del Portfolio delle lingue sui quali era richiesta la sua competenza. Rimane traccia del suo operato nella collaborazione ad opere quali La valutazione degli apprendimenti linguistici, a cura di Francesca Gattullo, La Nuova Italia, 2001 e Il Portfolio delle lingue, a cura di Luciano Mariani e Paola Tomai, Carocci Faber, 2004. Nella redazione della Rivista lend ha apportato per lunghi anni l’autorità della sua competenza ed esperienza e anche della sua generosità, orientata il più delle volte a mettere in evidenza il lato positivo di ogni contributo. Non sempre sembrava del tutto convinta delle sue posizioni, ma ci provava, preoccupata di commettere un’ingiustizia. In questa luce si inquadra l’impegno totale che profuse negli ultimi tempi, segnati dalla malattia, nella creazione e nell’attività dell’Associazione Fiorella Ghilardotti, nata in memoria di una sua grande amica che era stata la prima presidente (donna) della Regione Lombardia e deputata europea del PDS. Tra i vari compiti dell’associazione, il principale e più noto in cui Paola Tomai ha investito tutte le sue energie è il Progetto Borse di Studio per ragazze straniere. Esso non si limita a individuare destinatarie “capaci e meritevoli”, ma costruisce intorno a loro una rete di protezione fatta di un folto numero di tutor che le accompagna in ogni circostanza del processo di integrazione scolastica e non. Il libro collettivo che ha prodotto, presentato alle Istituzioni dell’Unione Europea, s’intitola Con mano leggera. E con mano leggera Lend vuole qui ricordare una delle sue artefici, Paola.

                                                                       RIVISTA LEND (Lingua e nuova didattica)